venerdì 25 gennaio 2008

LIBERI... DI RICOSTRUIRE

Gli ultimi tempi sono stati particolarmente nefasti per l'Italia, ma finalmente l'incubo è finito. Cosciente delle enormi difficoltà che si incontreranno nell'attuare un cambiamento piuttosto radicale e al tempo stesso immediato, spero comunque che gli scandali assurdi nei quali ci siamo trovati diano una spinta ulteriore ad un rinnovamento necessario. D'altronde dopo aver toccato il fondo non si può che risalire.
La gente vuole tornare a votare, è vero, ma nel contempo in molti non hanno fiducia di questa classe politica ormai scaduta. E come convincerli diversamente vista la realtà disastrata dell'Italia attuale? Con l'ennesimo discorso fuori luogo? Il dialogo è ben accetto, sia chiaro, ma reputo vergognoso parlare se si è privi di una vera volontà di agire. Idem dicasi per la facilità con cui si salta da una problematica all'altra, senza risolverne nemmeno una parte. In questi mesi se n'è sfoderata, all'occorrenza, sempre una nuova; poco importava se si trattasse di una problematica vera o presunta, l'essenziale era tirarla fuori per soppiantare la precendente e soprattutto il tentativo fallimentare di risolverla. Tutte chiacchiere al vento, con poche azioni oltretutto rivelatesi dannose per i cittadini.
Nei momenti di crisi le priorità sono altre: si è concreti e si inseguono solo i bisogni immediati come l'acquisto dei beni di prima necessità. Mai avrei pensato nel terzo Millennio, in un Paese come il nostro, di vedere impiegati statali costretti a contrarre debiti per fare la spesa. Servono a ben poco quei sottoprodotti di assistenzialismo dell'ultimo minuto, come la ridistribuzione del "tesoretto" alle famiglie bisognose: non saranno di certo i bonus ad arginare i loro problemi economici. Come avevo già scritto tempo fa in un commento, occorre una catarsi nella società, a partire dalla politica. Speriamo e impegnamoci affinchè sia la volta buona.

martedì 22 gennaio 2008

ADESSO BASTA!


lunedì 14 gennaio 2008

ITALIANI, VERGOGNA A VOI!

DA MALTA TUONA IL MONITO DI ROMANO, INDIGNATO CON GLI ITALIANI- Sabato Il Professore ha mostrato il suo lato più "autoritario": ha attaccato le regioni per la scarsa collaborazione dimostrata finora nella vicenda dei rifiuti in Campania definendola ''una vergogna per tutta l'Italia che deve essere risolta tutti insieme'' poichè ''non è ammissibile che un paese come l'Italia, in questa situazione, non dimostri una responsabilita' collettiva. Voglio vedere qual è la regione che si prende la responsabilità di non autorizzare il trattamento dei rifiuti senza danno e guadagnandoci qualcosa''. Prodi inoltre ha mostrato piccato, il suo disappunto riguardo l'immagine del Belpaese all'estero: ''Non voglio più sentire ironizzare le autorita' internazionali''. Ma le minacce del “premier” hanno placato ben poco gli animi e a mio dire avrebbero potuto aggiungere altra benzina al fuoco. Immaginate l’effetto di ricevere la ramanzina proprio da lui che avrebbe dovuto risolvere la questione-rifiuti in un batter d'occhio, così come avrebbe dovuto fare con tanti altri problemi. Prodi, con la sua incapacità di gestire la Cosa Pubblica, ha fatto affondare l'Italia fra lo scherno generale degli altri Stati, scrollandosi poi con disinvoltura le colpe di dosso fino a mostrarsi indignato con gli Italiani per la mancata disponibilità. Ma come può pretendere che tutti debbano pagare le colpe di altri? Gli Italiani hanno già pagato abbastanza: hanno perso la loro reputazione di fronte al mondo intero.
L'amministrazione è colpevole, ma è innegabile la complicità dei cittadini campani in una situazione definita in modo inappropriato “emergenza” dato che va avanti da anni con gli stessi criminali eletti dagli stessi cittadini. Nel frattempo si sono accesi scontri anche in altre regioni a cui saranno destinate parte dei rifiuti campani. Di particolare rilievo sono state le rivolte della popolazione in Sardegna: represse a suon di manganellate, “stranamente” non hanno suscitato troppe polemiche nei confronti della violenza sui manifestanti come fu invece per gli scontri di Genova. Addirittura si è avanzata l’ipotesi di un pagamento ai manifestanti per creare disordine, a dimostrazione che la democrazia in Italia è un concetto molto relativo.
Concludendo, occorre rimuovere e punire gli artefici di questa vergogna nazionale e, per il bene del Paese, mettere un momento da parte la democrazia in Campania, inapplicabile in un corpo elettorale perlopiù incapace di intendere e di volere. Deve avvenire tutto il prima possibile: i focolai di guerriglia potrebbero sfociare in qualcosa di più grave. Speriamo si possa confermare il proverbio “sbagliando s’impara”, anche se in effetti non è la prima volta che si sbaglia e per correggere si dovrà intervenire dall'esterno.

giovedì 10 gennaio 2008

E' DAVVERO FINITA L'EMERGENZA ROM?

Come ogni problema che si rispetti in Italia è stato inizialmente denunciato con grande preoccupazione, forse per tentare di convincere gli Italiani che in Parlamento ci si dava da fare. Ma una volta giunti alla conclusione dell'ennesima impossibilità di stipulare un accordo, si è preferito mettere tutto in sordina appigliandosi ad altri problemi emergenti. Il risultato? L'emergenza dei rom, benchè non se ne parli più, continua: la loro massiccia presenza finora nota solo nei centri urbani, si può constatare adesso anche al casello dell'autostrada.
Durante le festività sono stati trasmessi dossier interessanti circa i campi rom abusivi, purtroppo in ora tarda e in un periodo in cui si preferisce stare allegri insieme alla famiglia piuttosto che davanti alla tv. Mi rammarico perchè la gente, da nord a sud dello stivale, dovrebbe conoscere la realtà delle grandi città e soprattutto delle periferie, dove gli stessi connazionali sono costretti a fare i conti con costanti rapine e violenze d'ogni sorta, circondati da baraccopoli che avanzano minacciose, talvolta occupando proprietà private. In uno di questi reportage si intervistava per l'appunto, il titolare di un'azienda per il deposito di containers nei pressi di Milano. Probabilmente chiuderanno presto i battenti per le ingenti perdite dovute alla prepotenza impunita dei nomadi, i quali in tempi brevissimi, trasformano le vaste aree che invadono, in discariche. Entrano nei containers, ci abitano per qualche tempo e poi, quando la sporcizia all'interno diventa insostenibile (ovviamente secondo i loro standard di igiene) incendiano tutto e cambiano "casa". Tranquilli, proseguono il soggiorno con "ogni comfort", circondati da chincaglierie accostate a elettrodomestici all'avanguardia, rubati come la corrente elettrica con cui funzionano. Ignorano che molto probabilmente ai figli, cresciuti nel degrado e senza un'istruzione, non spetterà una sorte diversa dalla loro. E' uno spettacolo desolante, mi auguro finisca presto.

IN RICORDO DI ALBERTO GIAQUINTO

Mercoledì 10 gennaio 1979. E' passato un anno dalla strage di Acca Larentia, dove tre ragazzi, militanti del Fronte della Gioventù, venivano trucidati. Ad un anno di distanza i colpevoli sono ancora liberi di colpire impunemente; è contro questo stato di cose che il FdG e il Fuan, le organizzazioni giovanili del Movimento Sociale, hanno organizzato delle manifestazioni di protesta in diversi punti della città; gli animi sono già caldi e la situazione è tesissima, la polizia ha infatti vietato un corteo silenzioso nel centro di Roma.
Quartiere Centocelle. I palazzi fatiscenti rendono la borgata ancora più cupa a triste. Nella zona c’è una sede della D.C., è lì che giovani missini hanno deciso di urlare la loro rabbia, trovando in quella sede il simbolo di tante angherie e ingiustizie. Finita senza incidenti la manifestazione, i ragazzi cominciano ad allontanarsi, solo Alberto ed un altro ragazzo si attardano; sopraggiunge nel frattempo una macchina civile della polizia, una 128 bianca, dalla quale scendono due poliziotti in borghese che cominciano a seguire per qualche metro Alberto ed il suo amico. Improvvisamente uno dei due, Alessio Speranza, si piega sulle ginocchia, come si fa al tiro a segno, tenendo la pistola a due mani, puntando con calma, spara un colpo che raggiunge Alberto alla testa. Gli assassini spostano la loro macchina, in modo da proiettare i fari su Alberto che sta morendo. Appare chiaro ed evidente, a tutta la gente che accorre, che Alberto è disarmato. Dalle testimonianze i due assassini fanno allontanare tutti, facendo rimanere Alberto sull’asfalto per più di venti minuti, tremante e morente. Da subito la versione ufficiale è che il giovane Alberto Giaquinto era armato di una P38 e quindi ha provocato una legittima difesa. Dopo la prima versione, fatta miseramente cadere, arriva la seconda che afferma che la pistola non c’è, ma ci sono delle munizioni nella sua tasca. All’ospedale S.Giovanni, dove viene trasportato con colpevole e fatale ritardo, Alberto ritrova nella breve ora che gli resta l’amore della famiglia accorsa in preda all’angoscia e all’incredulità. In quel letto di morte Alberto appare ancora più piccolo e indifeso, lui forte, aitante e autentico inno alla vita com’era; amava dire che avrebbe avuto tempo per scendere a compromessi, adesso voleva solamente fare quello che sentiva giusto, servire il suo scomodo, pericoloso, difficile ideale. Torna alla mente la sua cameretta con la libreria ordinata e la scrivania ancora piena di libri, la bandiera tricolore con il simbolo del MSI, in bella evidenza; gli amici e i camerati delle ore di impegno politico, con cui divideva anche i soldi per fare un volantinaggio o passare lunghi pomeriggi a discutere di problemi reali e attuali. Esattamente alle ore 20:30, due ore e 18 minuti dopo il ferimento, Alberto muore. Nello stesso istante in cui Alberto moriva, la sua casa veniva oltraggiata da una perquisizione senza un ordine scritto, effettuata da sgherri del sistema che mettevano a soqquadro la casa, cercando non si sa bene cosa; non contenti di ciò banchettarono con disinvoltura nel salone. Attualmente il boia Alessio Speranza è in libertà. Nostro fratello Alberto ci ha lasciato. Aveva 17 anni.

domenica 6 gennaio 2008

ACCA LARENTIA, 30 ANNI DOPO














Trent'anni senza giustizia, trent'anni di presenti, di manifestazioni e di iniziative. Un popolo sempre troppo sordo di fronte al sacrificio di chi cadde sulla via dell'onore e della libertà. Un elenco di ragazzi, un elenco di martiri ed eroi, un elenco troppo lungo... E quest'anno, il nostro 7 gennaio, la nostra giornata della memoria, dovrà essere davvero speciale. E' il trentennale.... TUTTI sono invitati, TUTTI, nessuno escluso, da AN ai cosiddetti "canisciolti", ai reduci della RSI a chi negli anni 70 ha lottato prima di noi... TUTTI saranno accolti, tutti saranno rispettati. Per un giorno polemiche, veleni, divisioni, logiche politiche dovranno fare spazio al ricordo di chi ha donato la vita per una nazione migliore. ONORE AI CAMERATI CADUTI - 7 GENNAIO LUTTO NAZIONALE

PER NON DIMENTICARE, LUNEDI' 7 GENNAIO 2008:

Ore 15.00 Santa Messa in onore dei camerati caduti presso la Chiesa S. Gaspare del Bufalo, via Borgo Velino 1 (Colli Albani)

Ore 17.00 Fiaccolata in ricordo dei camerati caduti al parco delle rimembranze

Ore 18.00 CORTEO: partenza Piazza San Giovanni - Coin